venerdì 6 marzo 2020

Testo libero - Elena Fabbro

(Ricordo a tutti che le regole del testo libero si trovano qui.)


Mi piace un sacco questo blog.
È un’espressione che lascio così, senza cedere alla tentazione di trasformarla in qualcosa di più adeguato alla mia età che non è quella degli adolescenti con cui amo svolgere il mio lavoro.
Il prof. Zamò si è trasformato in Tommaso Zamò, per esprimere un suo pensiero; lo ha dichiarato, credo sull’onda della sua ferma convinzione che lo porta spesso a ripetere ai ragazzi (e l’audio è anche in questo blog) di pensare con la propria testa.
Tommaso Zamò ha espresso un pensiero articolato, argomentato, supportato anche da citazioni colte (che potrebbero stimolare la curiosità di qualche adulto nel riscoprire autori e opere…).
Ciò che ho letto mi ha fatto pensare. Mi ha fatto riflettere sull’isteria che è dilagata grazie anche a quei messaggi fatti di pochi caratteri e troppa velocità. Mi ha fatto pensare a quanto importante possa essere consegnare ad uno spazio adeguato i propri pensieri, per dar loro la dignità di ciò che sono: espressione di una mente e di un cuore.
Si è perso il senso di rispetto della comunità; si cerca di contagiare con un senso di responsabilità.
I famosi adagi dipingono gli italiani come persone che, individuata una regola, trovano il modo per aggirarla. Ciò che viene chiesto oggi a coloro che non sono (forse?) interessati dal virus sono regole semplici che possono salvare delle vite. Se faccio parte della categoria di coloro che potrebbero avere le forze immunitarie per far fronte all’infezione, è vero anche che posso fare molto per limitare la diffusione. Lavarsi le mani, “gestire” starnuti e colpi di tosse, mantenere una distanza dalle persone non sono poi norme così complicate… ma possono evitare alle cosiddette “categorie deboli” i danni peggiori.
Ora sentiamo che i morti avevano più di 80 anni, erano cardiopatici, avevano altre patologie preesistenti…
Nel pensiero un po’ troppo (a mio parere) diffuso sono persone non più così utili… ma a dire il vero a me fanno pensare ai nonni. Anche ai miei nonni. Quei quattro personaggi che mi hanno insegnato con calma e pazienza tanto di ciò che sono oggi. Di sicuro mi hanno insegnato il senso di comunità, quell’attenzione e cura che parte dalla propria casa (nonna Adele diceva sempre “Io o soi contente se o vioôt che si volês ben: e voleva dire proprio che apprezzava la cura, le attenzioni vicendevoli; nonna Liliana mi raccontava vita, morte e miracoli di tutti i paesani: la mia comunità la conosco davvero – nomi, cognomi e gesta - da quando sono nata; nonno Francesco con il suo mitico Garelli raggiungeva i suoi amici, dopo la Messa per parlare tra uomini; nonno Melchiorre riversava l’importanza del suo nome nell’essere sempre presente quando c’era da aiutare, meglio se con belle squadre di compari).
In questi giorni ho camminato – da sola – nel silenzio dei campi. Quando mi sono addentrata nelle vie del paese ho incontrato – cosa che mi fa sempre piacere – gli anziani che conosco da sempre. Distanza di sicurezza sì, ma tanta voglia di scambiare quattro chiacchiere, al mattino presto. E, subito, da parte loro, quasi a giustificare la loro presenza nei pressi della macelleria o del panificio, la rassicurazione di “esco per poco tempo solo adesso, poi torno di corsa a casa, perché alla televisione l’hanno detto, di stare a casa”.
Ho provato tanta tenerezza, per il fatto di vederli così consapevoli di quella che è diventata un’etichetta (sono persone a rischio…), ma allo stesso tempo ammirazione, per la capacità – in una evidente difficoltà – di rispettare delle regole, quelle che li mettono al riparo, ma anche, come mi ha detti Angjeline (che poi si chiama Maria, in realtà…i misteri della comunità…) per non rischiare di contagiare i picjui.
Ecco. Forse la maggior parte si crede in grado di valutare autonomamente la necessità o meno di seguire certi comportamenti. Quelli che “escludiamo” sono invece ancora a dimostrarci che si può, si deve pensare anche a chi si ha vicino. Senza cadere nell’isteria del voler sapere chi ha la febbre, la tosse, il raffreddore con il solo scopo di modificare i comportamenti… evidentemente quando potrebbe essere tardi…
Non mi sento impaurita da questo virus. Temo davvero le reazioni delle persone che, ostinandosi a pensare con la propria testa, lo fanno senza aprirla alle opinioni (anzi, alle indicazioni) di VERI esperti. Temo gli effetti dei comportamenti di coloro che “sanno tutto” e mettono in discussione sempre e comunque qualsiasi cosa.
Credo che sia importante provare a partire da un gran bel respiro. Provare a fidarsi. Provare a regalarsi il tempo di riflettere.
Provare anche a scrivere i propri pensieri.
Io l’ho fatto in questo piccolo grande blog che, per gli spunti che regala, divertenti o impegnativi, mi piace un sacco!
Prof. Zamò, mi perdoni, ma stavolta non ho fatto la scaletta…
Elena

P.S. Ho letto il post del prof. Zamò (anzi, di Tommaso Zamò). Ho scritto di getto (e si capisce…). Guardo il blog e… una nonna è intervenuta. 
Quindi ho inviato i miei pensieri



2 commenti:

  1. Grazie mille Elena! (per la scaletta ti perdono...)
    Ciaoo
    Tommaso Z.

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  2. Da mamma, FIGLIA e NIPOTE vi ringrazio per queste riflessioni che mi sono permessa di condividere con menti più giovani della mia che affrontano questo momento con "leggerezza" considerando superflui anche quei piccoli gesti di attenzione quotidiana che tutti possiamo e dobbiamo osservare

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