Mi piace un sacco questo
blog.
È un’espressione che lascio
così, senza cedere alla tentazione di trasformarla in qualcosa di più adeguato
alla mia età che non è quella degli adolescenti con cui amo svolgere il mio lavoro.
Il prof. Zamò si è
trasformato in Tommaso Zamò, per esprimere un suo pensiero; lo ha dichiarato,
credo sull’onda della sua ferma convinzione che lo porta spesso a ripetere ai
ragazzi (e l’audio è anche in questo blog) di pensare con la propria testa.
Tommaso Zamò ha espresso
un pensiero articolato, argomentato, supportato anche da citazioni colte (che
potrebbero stimolare la curiosità di qualche adulto nel riscoprire autori e
opere…).
Ciò che ho letto mi ha
fatto pensare. Mi ha fatto riflettere sull’isteria che è dilagata grazie anche a
quei messaggi fatti di pochi caratteri e troppa velocità. Mi ha fatto pensare a
quanto importante possa essere consegnare ad uno spazio adeguato i propri
pensieri, per dar loro la dignità di ciò che sono: espressione di una mente e
di un cuore.
Si è perso il senso di
rispetto della comunità; si cerca di contagiare con un senso di responsabilità.
I famosi adagi dipingono
gli italiani come persone che, individuata una regola, trovano il modo per
aggirarla. Ciò che viene chiesto oggi a coloro che non sono (forse?)
interessati dal virus sono regole semplici che possono salvare delle vite. Se faccio
parte della categoria di coloro che potrebbero avere le forze immunitarie per
far fronte all’infezione, è vero anche che posso fare molto per limitare la
diffusione. Lavarsi le mani, “gestire” starnuti e colpi di tosse, mantenere una
distanza dalle persone non sono poi norme così complicate… ma possono evitare
alle cosiddette “categorie deboli” i danni peggiori.
Ora sentiamo che i morti
avevano più di 80 anni, erano cardiopatici, avevano altre patologie
preesistenti…
Nel pensiero un po’
troppo (a mio parere) diffuso sono persone non più così utili… ma a dire il
vero a me fanno pensare ai nonni. Anche ai miei nonni. Quei quattro personaggi
che mi hanno insegnato con calma e pazienza tanto di ciò che sono oggi. Di sicuro
mi hanno insegnato il senso di comunità, quell’attenzione e cura che parte
dalla propria casa (nonna Adele diceva sempre “Io o soi contente se o vioôt che
si volês ben: e voleva dire proprio che apprezzava la cura, le attenzioni vicendevoli;
nonna Liliana mi raccontava vita, morte e miracoli di tutti i paesani: la mia
comunità la conosco davvero – nomi, cognomi e gesta - da quando sono nata;
nonno Francesco con il suo mitico Garelli raggiungeva i suoi amici, dopo la
Messa per parlare tra uomini; nonno Melchiorre riversava l’importanza del suo
nome nell’essere sempre presente quando c’era da aiutare, meglio se con belle squadre
di compari).
In questi giorni ho
camminato – da sola – nel silenzio dei campi. Quando mi sono addentrata nelle
vie del paese ho incontrato – cosa che mi fa sempre piacere – gli anziani che
conosco da sempre. Distanza di sicurezza sì, ma tanta voglia di scambiare
quattro chiacchiere, al mattino presto. E, subito, da parte loro, quasi a giustificare
la loro presenza nei pressi della macelleria o del panificio, la rassicurazione
di “esco per poco tempo solo adesso, poi torno di corsa a casa, perché alla
televisione l’hanno detto, di stare a casa”.
Ho provato tanta tenerezza,
per il fatto di vederli così consapevoli di quella che è diventata un’etichetta
(sono persone a rischio…), ma allo stesso tempo ammirazione, per la capacità –
in una evidente difficoltà – di rispettare delle regole, quelle che li mettono
al riparo, ma anche, come mi ha detti Angjeline (che poi si chiama Maria, in
realtà…i misteri della comunità…) per non rischiare di contagiare i picjui.
Ecco. Forse la maggior
parte si crede in grado di valutare autonomamente la necessità o meno di seguire
certi comportamenti. Quelli che “escludiamo” sono invece ancora a dimostrarci
che si può, si deve pensare anche a chi si ha vicino. Senza cadere nell’isteria
del voler sapere chi ha la febbre, la tosse, il raffreddore con il solo scopo
di modificare i comportamenti… evidentemente quando potrebbe essere tardi…
Non mi sento impaurita da
questo virus. Temo davvero le reazioni delle persone che, ostinandosi a pensare
con la propria testa, lo fanno senza aprirla alle opinioni (anzi, alle
indicazioni) di VERI esperti. Temo gli effetti dei comportamenti di coloro che “sanno
tutto” e mettono in discussione sempre e comunque qualsiasi cosa.
Credo che sia importante
provare a partire da un gran bel respiro. Provare a fidarsi. Provare a
regalarsi il tempo di riflettere.
Provare anche a scrivere
i propri pensieri.
Io l’ho fatto in questo
piccolo grande blog che, per gli spunti che regala, divertenti o impegnativi,
mi piace un sacco!
Prof. Zamò, mi perdoni,
ma stavolta non ho fatto la scaletta…
Elena
P.S. Ho letto il post del
prof. Zamò (anzi, di Tommaso Zamò). Ho scritto di getto (e si capisce…). Guardo il
blog e… una nonna è intervenuta.
Quindi ho inviato i miei
pensieri
Grazie mille Elena! (per la scaletta ti perdono...)
RispondiEliminaCiaoo
Tommaso Z.
Da mamma, FIGLIA e NIPOTE vi ringrazio per queste riflessioni che mi sono permessa di condividere con menti più giovani della mia che affrontano questo momento con "leggerezza" considerando superflui anche quei piccoli gesti di attenzione quotidiana che tutti possiamo e dobbiamo osservare
RispondiElimina