giovedì 10 settembre 2020

La scuola a tutti i costi

ATTENZIONE: gli esempi fatti sono tratti dall'esperienza personale, da quella di colleghi che lavorano in altri istituti e dalla cronaca, quindi non riguardano tutti la nostra scuola.

Eh. Divagherò. C'è troppo da dipanare. E poi da quest'anno non sarò più Coordinatore di sede (anche perchè non condivido alcune scelte, e i toni, di chi ci dirige), quindi mi sento più libero. Aiuto...:)
Voglio ricominciare, giusto per non dimenticare lo spirito con il quale mi sento di affrontare l'anno, aggredendo l'ovvio e il popolare, facendo le pulci all'inevitabile.
Si ricomincia. A tutti i costi. Io non sono affatto un negazionista del Covid (basta questo post, scritto all'inizio del disastro, per dimostrarlo), quindi non fraintendete in questo senso quello che scriverò. Fra le molte cose che vorrei dire, scelgo l'immagine che dentro di me si profila con più chiarezza, correndo volentieri il rischio di essere radicale. Guardate, parlo agli insegnanti soprattutto, ma non solo, quanto poco è bastato alla scuola per trasformarsi in questa sorta di prigione antibatterica che gli esperti (termine non casuale) hanno pensato di dover architettare. In fondo, è bastata qualche modifica strutturale e organizzativa per passare da quella che pensavamo l'unica scuola possibile (perchè tanto la scuola dev'essere noiosa e repulsiva, giusto?...) alla scuola fortezza disinfettata che deve sopravvivere ad ogni costo. E' bastato poco, questo mi dispera. Spostare i banchi, scaglionare le entrate, immaginare le ricreazioni piovose seduti ai banchi e quelle soleggiate all'aperto sì, ma divisi per classi, impedire i lavori cooperativi di qualsiasi tipo, chiudere le biblioteche. Bastava questo per giungere all'inferno della scuola a tutti i costi. Certo, ve l'ho già detto, scrivo per aggredire l'ovvio quindi sembro nel torto (per fortuna). Quando, in un contesto ufficiale, alla domanda "è possibile che un alunno con mascherina prenda la propria sedia e la sposti per fare un esercizio con un altro?" viene risposto di no, facendo poi balenare come conseguenza di questa promiscuità la morte dei nonni, cosa si può rispondere? Nulla. Quello che si presenta come ovvio ha questo di tremendo: non puoi controbattere. 
Tanto più che oggi, in questa situazione, l'ovvio si ammanta di scientifico e diventa inespugnabile. Qui il mio sentiero si fa scivoloso quanto mai: stretto fra le sparute orde dei negazionisti no mask e la classica sordità della burocrazia, resa oggi più arrogante (era possibile? sì) dal supporto della scienza. La scienza fa bene a creare un regolamento per il ritorno a scuola, sia chiaro. Forse però era il caso di chiedere a qualche dirigente o a qualche docente se la scuola era possibile a queste condizioni. Forse il punto è qui: capire cos'è una scuola che val la pena di frequentare non ci interessa più. Ciò che conta è la scuola a tutti i costi, anche a costo di non ricordarsi piú cosa dovrebbe essere la scuola. Sì, d'accordissimo, sarebbe bello, certo ma non siamo nella normalità...
Poi capisco, la scuola andava riaperta, ovvietà. Ma non sarà l'eccesso di norme a salvarci (e stavolta dico qualcosa di pop). Sarà invece, forse, il contrario: la solita storia italiana. Iperproliferazione di norme lontane dal senso di realtà e conseguente progressivo, inevitabile (a volte salvifico) scivolamento nella trasgressione, una ad una, di quelle norme. Tanto si sa, in questo paese la forma conta molto più della sostanza. In questo paese ciò che conta è scrivere un regolamento di molte pagine, poi la sua applicabilità importa poco. 
Ma se questa volta l'esercito dei docenti italiani e soprattutto dei dirigenti, applicasse davvero alla lettera i regolamenti? Cosa avremmo? La scuola a tutti i costi. (Una scuola, fra l'altro, che probabilmente chiuderà per mancanza di docenti molto prima che per il Covid, visto che, stando al regolamento, un raffreddore ci obbligherà a casa. Questo per non parlare delle assenze degli alunni con sintomi para influenzali.)
Ma va bene, rispetterò i regolamenti: banchi separati, mai lavori di coppia e men che meno di gruppo, ricreazioni futuristiche nei giorni piovosi in cui tutti gli alunni staranno seduti ai propri banchi (e già qui nei pochi giorni di scrittura di questo post, il regolamento ha iniziato a vacillare...per fortuna...ricreazione in classe con spostamenti limitati e mascherina), zaini rinforzati metallicamente per sopportare quintali di libri visto che non si può lasciare a scuola nulla,  che igienizzano ogni maniglia ad ogni passaggio di mano, maestre con i camici e le visiere, docenti che non potrebbero toccare le verifiche o i quaderni se non dopo averli "quarantenati" (orrendo neologismo) per tre giorni, aule di musica in cui non si può suonare il flauto e non si può cantare, biblioteche sbarrate.
Potrei penetrare nel gorgo della polemica ricordando tutte le situazioni contraddittorie (le palestre saranno igienizzate ad ogni cambio classe? nello scuolabus non vengono tutti assieme? e perchè fuori dai cancelli si aggregano e si mischiano mentre a ricreazione vanno divisi per classe?), ma sarebbe dare il fianco alle ovvietà. Invece voglio dirvi che obbedirò, ma voglio ripetervi che la cosa che non smette di inquietarmi è la brevità del passo che è servito ad arrivare fin qua, non smette perchè mi fa vedere, come illuminando una scena a ritroso, dove eravamo prima. Questo mi interessa. Perchè dove eravamo non era lontanissimo da dove siamo, e se dove siamo è una scuola distopica, fortezza del silenzio e dei disinfettanti, sanatorio dei preadolescenti che osano alzarsi dal banco, ricordatevi che quando tutto sarà finito, se torneremo esattamente come prima, ci sarà ancora molto da cambiare. 
Facile fare polemica, no? Facile lamentarsi. E tu cosa proponi allora? Va bene. Propongo il rispetto delle regole di base del distanziamento, compensato dal rispetto della scuola come luogo di socialità. Propongo i lavori di gruppo all'interno della stessa classe come possibili e auspicabili sempre, con la mascherina. Propongo di temperare la necessità della precauzione (che non nego affatto) col senso di realtà (senso che manca quando si immaginano dei ragazzi di 11 anni seduti ai banchi durante la ricreazione. Non c'entra niente dire "dobbiamo spiegarglielo", "devono rispettare le norme", non c'entra nulla, non perchè è impossibile che accada, ma semplicemente perchè non voglio che degli esseri umani di quell'età stiano seduti per un tempo così lungo). Propongo di considerare che la vita non è disinfettabile e non si capisce perchè la scuola dovrebbe essere più monitorata di un ospedale. Propongo di riflettere che l'eccesso di norme di cautela può creare in alcune realtà un senso di paura e di ansia che è l'esatto opposto di quel che serve per apprendere.
Ma in fondo, sapete quel che vi dico? Obbedirò (perchè solo obbedendo è possibile trasgredire) ma non mi adeguerò. Dentro questa "scuola a tutti i costi" farò "la mia scuola, a tutti i costi". Perchè nessun regolamento buro-sanitario potrà sopprimere la mia convinzione che si debba lavorare per cambiare questa scuola. Perchè rimango convinto che la scuola non dev'essere per forza e inevitabilmente noiosa ed oppressiva, e se questo ci pare in fondo scontato, è semplicemente il segno che abbiamo smesso di pensare. Non perchè sogno una scuola tutta rosa ed azzurra in cui produciamo arcobaleni dal naso mentre cavalchiamo dei lama che rincorrono unicorni dorati, ma perchè la scuola che abbiamo si accontenta svogliatamente di creare consumatori annoiati, salvo poi trovare nell'autorità la sua finta ragione d'essere. Il problema non è la severità (che può essere anche uno strumento al servizio di un'idea), il problema è la mancanza di riflessività rispetto alle finalità dell'insegnamento. "La mia scuola a tutti i costi" è in fondo una dichiarazione d'amore per la scuola (eh vabbè ...sarà avanzata un po' di retorica anche per me, o no?), per un'idea di scuola che inevitabilmente è stata colpita al cuore da queste ineluttabili regole anti Covid, ma non è morta. Perchè anche nel distanziamento si possono fare domande di cui non si conosce la risposta, si può uscire all'aria aperta, si può conversare senza l'ansia del tempo, ci si può far sorprendere da un imprevisto, si può abbandonare qualsiasi programmazione perchè di fronte abbiamo delle persone (individui, non esemplari) e ciò che accade è più importante (perchè è reale) di quel che sarebbe dovuto accadere. 
Chi capisce, o sente, che la scuola non va, potrebbe in fondo ritirarsi in attesa di tempi migliori, scavare qualche tana e far passare l'inverno post atomico della scuola al tempo del Covid, ammettendo che alla fine questa è una vittoria per chi ha sempre sognato una scuola sempre più fredda, sempre più ristretta, con sempre meno rogne per i docenti, sempre più sbrigativa e spiccia, una scuola ridotta all'osso, una scuola di cui potersi sbarazzare nell'esatto secondo successivo alla campanella. La tentazione del ritiro in solitudine è forte, e sono il primo a subirla, ma fate attenzione: lo stato di emergenza non finirà di colpo, non è una guerra, scemerà invece lentamente dando il fianco a chi - con o senza dolo - vorrà mantenere nel futuro qualcosa di questa "scuola a tutti i costi". Allora lo scrivo ora, con la radicalità che un caro amico mi contesta: qualsiasi modifica applicata alla scuola in questi giorni di comprensibile delirio, sull'onda della volontà di controllo e precauzione, dovesse restare anche dopo e trasformarsi in consuetudine, sarà un passo nella direzione sbagliata. Per questo è bene non ritirarsi nel letargo: al risveglio potremmo accorgerci che hanno già iniziato a tagliare il bosco, o quel che ne rimaneva. 
Insomma, basta con le polemiche. 
Io volevo dirvi questo: non vedo l'ora di rivedere i ragazzi dell'anno scorso e soprattutto di incontrare quelli nuovi. Ecco, in fondo, volevo solo dire questo, poi ho divagato.


Quando l'espressione "scuola a tutti i costi" aveva altri significati
1959 - Ogni giorno i bambini di Guiglia attraversavano il fiume Panaro con una carrucola per recarsi a scuola.

3 commenti:

  1. Grazie, anche se non ci conosciamo il suo lungo scritto mi fa sentire meno sola.

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  2. Grazie a lei. Il suo messaggio ha lo stesso effetto su di me

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  3. Nel leggere tutta questa verità di cui la ringrazio, mi spiace (ma comprendo benissimo le ragioni) aver letto all'inizio le amare considerazioni che l'hanno portata ad abbandonare il ruolo di Coordinatore di sede. Incrocio le dita perché quest'anno possa avvicinarsi il più possibile alla scuola vera.... anche se temo di essere un po' ottimista...

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