L’ULTIMO
CASO
L’ispettore Brown
viveva a Manhattan in una piccola abitazione fatta di legno costruita su due
piani. L’ispettore disteso sul divano davanti al caminetto acceso si stava
riscaldando bevendo una tazza di cioccolata calda. Fuori pioveva a dirotto e la
nebbia circondava le case e l’aria era gelida. L’ispettore stava sorseggiando
la sua cioccolata quando sentì vibrare il suo cellulare nella tasca dei jeans.
Si sedette bene sul divano, pose la tazza sul tavolino di fronte a lui, tirò
fuori dalla tasca il cellulare e rispose.
La signora White, una
giovane signora, disse: ”Buon pomeriggio, signor ispettore, sono la vicina
degli Smith, quei ricchi signori sulla quindicesima. L’ho chiamata perché è da
qualche giorno che non vedo il signor Smith uscire, e sua moglie ieri sera è
rientrata con un secchio di vernice gialla. L’ho trovato sospetto per il
semplice fatto che, chi mai dipingerebbe
d’inverno con questa umidità? La vernice starebbe tantissimo ad
asciugarsi.”
Mr. Brown rispose: ”Ha
ragione signora, c’è qualcosa che non quadra. Le andrebbe bene di vederci
domani mattina da lei verso le otto? Così mi racconta qualcosa in più su questa
famiglia?”
La signora annuì e poi
riattaccò.
La mattina seguente
l’ispettore scese in cucina, si fece un caffè, prese il cappotto e l’ombrello e
uscì di casa. Chiamò un taxi e arrivato sulla quindicesima pagò l’autista e
scese dall’auto. Suonò il campanello di casa della signora White e gli aprì una
donna sui quarant’anni, alta, mora, dagli occhi verdi e vestita con grazioso
vestito blu cobalto.
L’ispettore entrò e si
accomodò su una poltrona rossa davanti alla signora, che gli offrì del tè.
La signora incominciò a
raccontare: "I signori Smith saranno sposati da circa dieci anni e sono molto
ricchi, come può vedere guardando la villa. Non hanno figli, con loro c’è solo
una governante di nome Peggy, sulla trentina. Il signor Smith in passato le
aveva promesso un assegno, con quei soldi sarebbe potuta andarsene e tornare
dalla sua famiglia in Messico. Diciamo anche che con quei soldi la sua famiglia
non avrebbe più avuto problemi di povertà, lei non avrebbe più dovuto lavorare
come governante. Solo che alla fine quel assegno non glielo diede”.
“Ottimo movente per un
presunto omicidio.” disse il signor Brown.
La signora White
rispose: ”Infatti, e credo proprio che il signor Smith sia stato ucciso, non
era troppo simpatico. Trattava la moglie come se fosse un cane, spesso sentivo
le sue urla. Non so perché si siano sposati, tra quei due c’è solo odio e
rabbia.”
L’ispettore Brown
disse: ”Ecco un’altra sospettata, cosa mi sa dire sul suo conto?”.
La signora rispose:
”Quando era più giovane lavorava nell’industria elettrica di suo padre. Io e
lei andiamo d’accordo, è una signora simpatica, non biasimerei nessuna delle
due se avessero ucciso il signor Smith”.
Finita la chiacchierata
con la vicina, l’ispettore decise di andare a far visita alla signora Smith.
La signora Smith era
una bella donna sulla quarantina alta e snella, aveva raccolto i capelli in uno
chignon. Lo accompagnò per la villa e
gli fece vedere le varie stanze, nessun indizio del morto. La signora intanto
disse: ”Comunque è inutile tutto questo, mio marito se ne andò una settimana fa
e lasciò me e Peggy da sole”.
Infine la signora Smith
gli fece vedere la camera da letto. Era ampia e spaziosa, con una grande
finestra affacciata sul giardino. I muri erano color giallo sbiadito, tranne
una piccola parte vicino alla porta che era di un giallo più acceso,
sicuramente ritinteggiato da poco.
Scesero in cucina e la
signora Smith gli offrì un caffè. L’ispettore però notò un comportamento
sospetto. La signora quando aprì uno sportello contenente le tazzine da caffè
si affrettò subito a chiuderlo come se volesse nascondere qualcosa.
Però il signor Brown
riuscì a scorgere una boccetta e sull’etichetta scorse un teschio: veleno.
La signora Smith ancora
prima che l’ispettore potesse dire qualcosa, lo liquidò velocemente e scortò
fuori dalla porta e gliela sbattè in faccia.
L’ispettore tornò così
a casa, si sedette sul divano e cominciò a pensare a tutte le informazioni
ricevute e alle scoperte di quel giorno.
Ormai era ora di
pranzo, così si fece un panino e dopo corse in commissariato. Chiese a tre
poliziotti di seguirlo perché aveva bisogno di aiuto: doveva tornare a casa
Smith e trovare il corpo del signor Smith.
Arrivati, bussarono
forte alla porta che gli venne aperta dalla signora Smith, che con indifferenza
accompagnò i tre poliziotti in camera da letto e gli offrì del caffè che
accettarono volentieri.
Sembrava troppo
tranquilla, troppo indifferente per una situazione del genere, strano, davvero
strano.
L’ispettore si mise a
parlare e la signora gli offrì un po’ d’acqua.
E si mise in tasca uno
strofinaccio.
Mr. Brown disse: ”Sa, non credo proprio che berrò quest’acqua. L’ha avvelenata col tallio, un veleno
incolore, inodore, e insapore ed efficacissimo. Si muore. E’ così che ha ucciso
suo marito immagino. Col veleno che ha nella boccetta vicino alle tazzine da
caffè”.
La signora rispose: ”Ma
bravo ispettore, vedo che è un buon osservatore. Mio marito mi trattava male,
come se fossi spazzatura. Non ne potevo più di farmi mettere sotto i piedi da
un inutile uomo. Così decisi qualche giorno fa di fargli una cenetta romantica,
era tutto pronto: cibo di alta qualità, luce soffusa e rose sparse per la
stanza. Versai nel vino il veleno e lui lo bevve con gusto. Il veleno iniziò a
fare effetto e poi cadde dalla sedia morto. Ero fiera del mio lavoro, ma non
era finta qui. Spaccai il muro della camera da letto e lo murai dentro, lo
chiusi con del cartongesso, poi ritinteggiai”.
L’ispettore rispose:
”Ottimo, ora che ha confessato non resta che portarla via subito dopo aver
trovato il corpo. Ma mi tolga una curiosità, dove ha trovato il tallio?”.
“Lavoravo in
un’industria elettrica e lì ce n’era in gran quantità. Comunque è giunta la sua
ora signor Brown”.
“Anche se mi ucciderà
ci saranno gli altri poliziotti che, trovato il corpo, l’arresteranno”. Disse
l’ispettore.
“Mi dispiace
contraddirla ispettore, ma in quel caffè c’ho messo del tallio, non potevo
rischiare che trovassero il corpo. Ora i loro corpi saranno stesi sul pavimento
con gli occhi vitrei, nessuno saprà mai nulla”.
“E Peggy?” chiese
l’ispettore.
“Oh, di lei ho avuto
pietà, le ho dato quel tanto promesso assegno, se ne è andata in Messico, non
dirà una parola”.
“Vedo che ha pensato a
tutto, devo ammettere che è stata davvero attenta a tutto”.
“E’ inutile che
temporeggi ispettore Brown. La ucciderò comunque, non c’è via di scampo”.
L’ispettore iniziò a
sudare freddo, corse per la casa, ma ad un certo punto si trovò davanti ad una
porta chiusa: era in trappola!
La signora Smith arrivò
da dietro, tirò fuori lo strofinaccio dalla tasca e lo mise intorno al collo
dell’ispettore e strinse, strinse quando il signor Brown urlò: era un urlo
agghiacciante, un po’ soffocato, si sentiva il dolore di quel pover'uomo: la
sua fine era giunta.
Il corpo cadde a terra
con un tonfo sordo, con gli occhi vitrei, bagnati dalle lacrime. Il collo era
rosso, dal naso non usciva più aria. La luce dei suoi occhi, la vita dal suo
corpo se n’erano andate.
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