mercoledì 29 maggio 2019

Testo libero - Chiara Z.


L’ULTIMO CASO

L’ispettore Brown viveva a Manhattan in una piccola abitazione fatta di legno costruita su due piani. L’ispettore disteso sul divano davanti al caminetto acceso si stava riscaldando bevendo una tazza di cioccolata calda. Fuori pioveva a dirotto e la nebbia circondava le case e l’aria era gelida. L’ispettore stava sorseggiando la sua cioccolata quando sentì vibrare il suo cellulare nella tasca dei jeans. Si sedette bene sul divano, pose la tazza sul tavolino di fronte a lui, tirò fuori dalla tasca il cellulare e rispose.
La signora White, una giovane signora, disse: ”Buon pomeriggio, signor ispettore, sono la vicina degli Smith, quei ricchi signori sulla quindicesima. L’ho chiamata perché è da qualche giorno che non vedo il signor Smith uscire, e sua moglie ieri sera è rientrata con un secchio di vernice gialla. L’ho trovato sospetto per il semplice fatto che, chi mai dipingerebbe  d’inverno con questa umidità? La vernice starebbe tantissimo ad asciugarsi.”
Mr. Brown rispose: ”Ha ragione signora, c’è qualcosa che non quadra. Le andrebbe bene di vederci domani mattina da lei verso le otto? Così mi racconta qualcosa in più su questa famiglia?”
La signora annuì e poi riattaccò.
La mattina seguente l’ispettore scese in cucina, si fece un caffè, prese il cappotto e l’ombrello e uscì di casa. Chiamò un taxi e arrivato sulla quindicesima pagò l’autista e scese dall’auto. Suonò il campanello di casa della signora White e gli aprì una donna sui quarant’anni, alta, mora, dagli occhi verdi e vestita con grazioso vestito blu cobalto.
L’ispettore entrò e si accomodò su una poltrona rossa davanti alla signora, che gli offrì del tè.
La signora incominciò a raccontare: "I signori Smith saranno sposati da circa dieci anni e sono molto ricchi, come può vedere guardando la villa. Non hanno figli, con loro c’è solo una governante di nome Peggy, sulla trentina. Il signor Smith in passato le aveva promesso un assegno, con quei soldi sarebbe potuta andarsene e tornare dalla sua famiglia in Messico. Diciamo anche che con quei soldi la sua famiglia non avrebbe più avuto problemi di povertà, lei non avrebbe più dovuto lavorare come governante. Solo che alla fine quel assegno non glielo diede”.
“Ottimo movente per un presunto omicidio.” disse il signor Brown.
La signora White rispose: ”Infatti, e credo proprio che il signor Smith sia stato ucciso, non era troppo simpatico. Trattava la moglie come se fosse un cane, spesso sentivo le sue urla. Non so perché si siano sposati, tra quei due c’è solo odio e rabbia.”
L’ispettore Brown disse: ”Ecco un’altra sospettata, cosa mi sa dire sul suo conto?”.
La signora rispose: ”Quando era più giovane lavorava nell’industria elettrica di suo padre. Io e lei andiamo d’accordo, è una signora simpatica, non biasimerei nessuna delle due se avessero ucciso il signor Smith”.
Finita la chiacchierata con la vicina, l’ispettore decise di andare a far visita alla signora Smith.
La signora Smith era una bella donna sulla quarantina alta e snella, aveva raccolto i capelli in uno chignon.  Lo accompagnò per la villa e gli fece vedere le varie stanze, nessun indizio del morto. La signora intanto disse: ”Comunque è inutile tutto questo, mio marito se ne andò una settimana fa e lasciò me e Peggy da sole”.
Infine la signora Smith gli fece vedere la camera da letto. Era ampia e spaziosa, con una grande finestra affacciata sul giardino. I muri erano color giallo sbiadito, tranne una piccola parte vicino alla porta che era di un giallo più acceso, sicuramente ritinteggiato da poco.
Scesero in cucina e la signora Smith gli offrì un caffè. L’ispettore però notò un comportamento sospetto. La signora quando aprì uno sportello contenente le tazzine da caffè si affrettò subito a chiuderlo come se volesse nascondere qualcosa.
Però il signor Brown riuscì a scorgere una boccetta e sull’etichetta scorse un teschio: veleno.
La signora Smith ancora prima che l’ispettore potesse dire qualcosa, lo liquidò velocemente e scortò fuori dalla porta e gliela sbattè in faccia.
L’ispettore tornò così a casa, si sedette sul divano e cominciò a pensare a tutte le informazioni ricevute e alle scoperte di quel giorno.
Ormai era ora di pranzo, così si fece un panino e dopo corse in commissariato. Chiese a tre poliziotti di seguirlo perché aveva bisogno di aiuto: doveva tornare a casa Smith e trovare il corpo del signor Smith.
Arrivati, bussarono forte alla porta che gli venne aperta dalla signora Smith, che con indifferenza accompagnò i tre poliziotti in camera da letto e gli offrì del caffè che accettarono volentieri.
Sembrava troppo tranquilla, troppo indifferente per una situazione del genere, strano, davvero strano.
L’ispettore si mise a parlare e la signora gli offrì un po’ d’acqua.
E si mise in tasca uno strofinaccio.
Mr. Brown disse: ”Sa, non credo proprio che berrò quest’acqua. L’ha avvelenata col tallio, un veleno incolore, inodore, e insapore ed efficacissimo. Si muore. E’ così che ha ucciso suo marito immagino. Col veleno che ha nella boccetta vicino alle tazzine da caffè”.
La signora rispose: ”Ma bravo ispettore, vedo che è un buon osservatore. Mio marito mi trattava male, come se fossi spazzatura. Non ne potevo più di farmi mettere sotto i piedi da un inutile uomo. Così decisi qualche giorno fa di fargli una cenetta romantica, era tutto pronto: cibo di alta qualità, luce soffusa e rose sparse per la stanza. Versai nel vino il veleno e lui lo bevve con gusto. Il veleno iniziò a fare effetto e poi cadde dalla sedia morto. Ero fiera del mio lavoro, ma non era finta qui. Spaccai il muro della camera da letto e lo murai dentro, lo chiusi con del cartongesso, poi ritinteggiai”.
L’ispettore rispose: ”Ottimo, ora che ha confessato non resta che portarla via subito dopo aver trovato il corpo. Ma mi tolga una curiosità, dove ha trovato il tallio?”.
“Lavoravo in un’industria elettrica e lì ce n’era in gran quantità. Comunque è giunta la sua ora signor Brown”.
“Anche se mi ucciderà ci saranno gli altri poliziotti che, trovato il corpo, l’arresteranno”. Disse l’ispettore.
“Mi dispiace contraddirla ispettore, ma in quel caffè c’ho messo del tallio, non potevo rischiare che trovassero il corpo. Ora i loro corpi saranno stesi sul pavimento con gli occhi vitrei, nessuno saprà mai nulla”.
“E Peggy?” chiese l’ispettore.
“Oh, di lei ho avuto pietà, le ho dato quel tanto promesso assegno, se ne è andata in Messico, non dirà una parola”.
“Vedo che ha pensato a tutto, devo ammettere che è stata davvero attenta a tutto”.
“E’ inutile che temporeggi ispettore Brown. La ucciderò comunque, non c’è via di scampo”.
L’ispettore iniziò a sudare freddo, corse per la casa, ma ad un certo punto si trovò davanti ad una porta chiusa: era in trappola!
La signora Smith arrivò da dietro, tirò fuori lo strofinaccio dalla tasca e lo mise intorno al collo dell’ispettore e strinse, strinse quando il signor Brown urlò: era un urlo agghiacciante, un po’ soffocato, si sentiva il dolore di quel pover'uomo: la sua fine era giunta.
Il corpo cadde a terra con un tonfo sordo, con gli occhi vitrei, bagnati dalle lacrime. Il collo era rosso, dal naso non usciva più aria. La luce dei suoi occhi, la vita dal suo corpo se n’erano andate.

Nessun commento:

Posta un commento